Le nuove tariffe doganali imposte sugli scambi con gli Stati Uniti stanno avendo un impatto significativo sulle imprese italiane esportatrici, riguardando un mercato annuale che vale tra i 50 e i 70 miliardi di euro. Si stima che queste misure possano comportare una perdita di fatturato tra i 5 e gli 8 miliardi di euro, pari a circa l’11,5%. È quanto riportato dal centro studi di Unimpresa.
I dati delle Pmi
Nel settore agroalimentare, che registra un export di 5-6 miliardi di euro, una riduzione della domanda del 5-10% potrebbe comportare una perdita di fatturato tra 250 e 600 milioni di euro, con 400-600 milioni persi solo nel comparto del vino e 100-150 milioni nei formaggi. Nel settore della moda e del lusso, con un export di 12 miliardi di euro, si prevede una flessione compresa tra 600 e 1.200 milioni di euro, mentre la manifattura, che vale 10-15 miliardi di euro, potrebbe subire perdite tra 500 e 1.500 milioni di euro, in particolare per quanto riguarda macchinari e componenti automobilistici.
In totale, le circa 10mila imprese italiane che esportano verso gli Stati Uniti, di cui il 70% Pmi, potrebbero registrare una contrazione media del fatturato tra il 5 e il 7%, pari a una perdita di 300mila-500mila euro per azienda. In assenza di mercati alternativi, molte potrebbero essere costrette a ridurre investimenti o personale.
L’impatto sui prodotti italiani più famosi
La presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, commenta:
Di fronte ai dazi americani e alle tensioni economiche globali, serve una risposta chiara e concreta. Credo che il primo passo sia una strategia europea condivisa: non possiamo permetterci una guerra commerciale che danneggi le nostre imprese, ma nemmeno restare passivi di fronte a chi colpisce il nostro export. L’Europa deve parlare con una voce sola, difendendo i propri interessi senza cedere terreno.
I prodotti italiani di alta qualità, come i vini Doc, la moda di lusso e i formaggi Dop, continuano a godere di una domanda relativamente stabile anche a prezzi più elevati, grazie alla loro solida reputazione. Per beni più comuni, come pasta o abbigliamento di base, si prevede una leggera diminuzione nel volume di importazione, ma chi continua ad acquistarli dovrà comunque affrontare costi più alti. Questo fenomeno è ulteriormente accentuato dalla mancanza di alternative locali equivalenti per molti prodotti italiani.
I settori più colpiti dalla guerra commerciale
Secondo Confartigianato, nel 2024, l’export italiano verso gli Stati Uniti ha raggiunto i 65 miliardi di euro, sottolineando quanto l’Italia sia particolarmente vulnerabile alle turbolenze provenienti da oltreoceano. Tra i settori a rischio ci sono: chimica, farmaceutico, trasporti, macchinari, e alimentari e bevande.
Il nuovo tsunami protezionistico potrebbe cancellare oltre 11 miliardi di euro di esportazioni italiane, con un crollo del 16,8% nelle vendite dirette verso gli Stati Uniti. A subire le conseguenze più gravi saranno anche i settori chiave del Made in Italy, che rischiano di finire nel “tritacarne” commerciale senza alcuna protezione. Tra questi, figurano: moda, arredamento, lavorazioni del legno, metalli, gioielleria e occhialeria.
Le regioni più vulnerabili a causa dei dazi sono Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Piemonte e Lazio, con province simbolo come Milano, Firenze, Modena, Torino, Bologna e Vicenza.