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Chiara Ferragni vuole rilevare Fenice, ricapitalizzazione da 6,4 milioni in solitaria

di Redazione Ilquotidianodinapoli.it
23/03/2025
in Economia Italiana
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Chiara Ferragni vuole rilevare Fenice, ricapitalizzazione da 6,4 milioni in solitaria

Il salvataggio di Fenice passa per un’assemblea dai toni tutt’altro che concilianti. Il 10 marzo 2025, i soci della società che controlla i marchi riconducibili a Chiara Ferragni hanno approvato un intervento patrimoniale da 6,4 milioni di euro. Una decisione che certifica la volontà di rilanciare l’azienda dopo mesi di scivoloni reputazionali e conti disastrati.
A favore, con la mano alzata e il portafoglio aperto, Chiara Ferragni e Paolo Barletta. Contrario, con tanto di legale al seguito, Pasquale Morgese. Sul tavolo, non solo numeri ma anche accuse, responsabilità e una partita che ha tutto il sapore di una resa dei conti.

Strategia Ferragni: pronta a salire al controllo di Fenice 
La regina (o ex) dell’influencer marketing ha deciso di stringere ancora di più le redini della sua creatura. In assemblea, ha dato il via libera all’operazione di aumento di capitale, affiancata da Paolo Barletta, imprenditore che controlla il 40% delle quote attraverso Alchimia. Chiara Ferragni, con la sua Sisterhood al 32,5%, ha fatto sapere di essere pronta a metterci tutto il portafoglio, se servirà. Nessuna esitazione nemmeno davanti al fuoco incrociato di critiche.

Pasquale Morgese, titolare del 27,5%, ha invece fatto muro. Il dissenso non si è limitato a un semplice voto contrario: i suoi rappresentanti hanno messo in discussione l’intero impianto contabile, sollevando dubbi su dati, numeri e coperture. Dal verbale emerge un clima da resa dei conti più che da confronto tra soci che potrebbe sfociare in una vera e propria battaglia legale.
Chiara Ferragni non si è limitata a sostenere la sua parte. Ha dichiarato di essere pronta ad accollarsi anche ciò che resterà inoptato, incluso l’eventuale vuoto lasciato da Morgese. Il meccanismo, già previsto dallo statuto, scatterà trenta giorni dopo l’iscrizione della delibera nel registro imprese. Dopodiché, altri sette giorni per coprire i buchi. Un countdown in piena regola.
Cosa cambia per Fenice dopo il Pandoro-gate
Se Morgese si tirerà indietro e Barletta si limiterà a fare la sua parte, Sisterhood potrebbe ritrovarsi con più della metà delle quote. Fenice, la società che regge il brand Ferragni, potrebbe così finire direttamente sotto il controllo dell’imprenditrice, che ha tutta l’intenzione di riportare in asse il suo impero dopo lo scivolone mediatico dei dolci griffati.
Garbagnati, avvocato di Morgese, ha contestato l’intero impianto contabile, puntando il dito contro la mancanza del bilancio della controllata Fenice Retail. Una società in forte sofferenza, che pure avrebbe continuato a riversare denaro nella capogruppo. Secondo la difesa di Morgese, si sarebbero gonfiati i numeri per mascherare le ombre lasciate da chi ha gestito l’azienda fino all’autunno scorso.
Perdite e patrimonio netto negativo: i numeri neri di Fenice
Il quadro illustrato da Claudio Calabi, amministratore unico, è stato piuttosto cupo: perdite per quasi sette milioni, patrimonio netto sottozero e una proiezione negativa anche per il 2024. Una diagnosi che ha spinto alla terapia d’urto: aumento di capitale e revisione strategica. Calabi ha specificato che i conti sono stati redatti rispettando i criteri di cautela e completezza.
Nel budget 2025 figurano anche costi per dipendenti di società prossime alla liquidazione. Una voce che ha irritato il fronte Morgese, che ha letto la scelta come una manovra contabile opaca. Nella loro visione, quel documento finanziario più che una bussola sembra un paravento.
Ferragni e Barletta nel mirino: il fronte Morgese punta al tribunale
Secondo Garbagnati il bilancio sarebbe inattendibile, privo di riscontri e pensato per gonfiare il fabbisogno. La tesi è che l’ex governance, cioè Ferragni e Barletta, avrebbe costruito una narrazione contabile ad hoc per coprire i danni. L’avvocato ha anche minacciato l’ipotesi giudiziaria: azione di responsabilità e impugnazione delle delibere.
Calabi ha respinto tutto. Ha detto di aver sempre operato nel pieno rispetto dei principi contabili, con correttezza e buona fede. Ha anche ricordato che alcuni soci hanno avuto accesso diretto e continuo alle informazioni.

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